LAVORO INTERMITTENTE
Il datore di lavoro per far fronte a particolari esigenze produttive, che richiedono maggiore flessibilità della prestazione lavorativa, può utilizzare il contratto intermittente (o a chiamata). Tuttavia, la legge, al fine di renderlo una “eccezione” rispetto al contratto di lavoro a tempo indeterminato, che rappresenta la forma comune del rapporto subordinato, ne subordina l’uso a fronte del rispetto di specifiche ipotesi oggettive e soggettive. Quali sono? In quali casi vige il divieto di utilizzo e quali sono le sanzioni in caso di violazione?
Il contratto di lavoro intermittente rappresenta indubbiamente la formula contrattuale che risponde alle esigenze di flessibilità e temporaneità della prestazione lavorativa richiesta al lavoratore.
Nato con la netta finalità di dotare le aziende di uno strumento alternativo al lavoro autonomo occasionale, è quella tipologia contrattuale caratterizzata dal fatto che il datore di lavoro assume il lavoratore, a tempo indeterminato o determinato, e lo utilizza a chiamata/bisogno per lo svolgimento di specifiche mansioni/attività ovvero per l’utilizzo di prestazioni lavorativa rese da determinati soggetti.
Ma in quali casi è possibile utilizzare il lavoro a chiamata? Quali sono le sue principali caratteristiche e limiti? E in quali casi vi è il divieto di utilizzo e quali sanzioni in caso di violazione?
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